Giulia, la morte, il COVID

Da quando Giulia (mia figlia) è morta quindici mesi fa, ho perso la paura della morte.

L’ho vista morire con i miei occhi Giulia, ha smesso di parlare e di respirare davanti ai miei occhi, e io lì ho smesso di aver paura di morire, anzi ho desiderato tanto poter andare via con lei, e ho cominciato ad avere paura della vita.

Perché la vita ti porta via tutto, a poco a poco.

Ci sono cose che naturalmente vedi andare via… I nonni, i parenti più anziani, i genitori.. perché se è innaturale veder morire il proprio figlio, è “normale” che i propri genitori vadano via prima di noi.

Ma ti rendi conto che a poco a poco se ne va via tutto. E’ come se alla nascita ti dessero uno zaino pieno, di sogni, di sentimenti, di illusioni, ed è come se tu partissi per la gita della vita in grande compagnia, e piano piano lungo il percorso perdessi tutto, contenuto dello zaino e compagni di viaggio.

Poi, ad un certo punto, dopo tre mesi da quando Giulia se ne è andata, è arrivato il COVID. Come se non bastasse l’autoisolamento che il lutto ti induce ad attuare, il COVID ha deciso di darci tanto tempo da trascorrere da soli, tanto tempo per pensare. Non ho paura del COVID, come non ho paura della morte. Ho solo il timore che possa togliermi ancora qualcuno di quelli che ho vicino a me nel cammino della vita.

Il COVID però mi ha aiutato tanto, a capire alcune cose fondamentali. Che tutto sommato per vivere non ho bisogno di molto, non ho bisogno di cose materiali, quelle ce ne ho in abbondanza, vestiti per due o tre vite, scarpe per una squadra di calcio, gioielli a sufficienza per due o tre generazioni.

Ho capito con chi è che voglio stare e chi invece è superfluo. Ho capito che ho bisogno di viaggiare, perché è una delle mie grandi passioni, ma che mi bastano poche persone vicino per essere felice. Ho capito che con Giulia e Matteo insieme a me ero arrivata al culmine della felicità, e che lì non ci arriverò mai più, e che di questo me ne devo fare una ragione.

Ho capito che mi piace lavorare, ma che le gratificazioni che si hanno sul lavoro (in realtà non ho avuto nemmeno queste nella vita, ma penso davvero sia così..) sono passeggere ed effimere. Meglio potendolo fare dedicare più tempo a se stessi e alle persone che amiamo che rincorrere sogni che anche se si realizzano durano per poco…

Ho capito che ho bisogno di avere un progetto, un obiettivo, che concentrarmi sulla sua realizzazione mi distrae dai miei pensieri e mi aiuta a sopravvivere.

Ho capito che mi infastidiscono le persone che si lamentano sempre quando invece hanno tutto, che non ho più voglia di far finta di niente se qualcuno dice qualcosa che non condivido, che non tollero chi mi insegna come devo vivere o mi spiega perché IO devo farmi forza e andare avanti… come se non ci provassi ogni santa mattina.

Ho capito che non serve provare a ricacciare indietro le lacrime, perché in qualche modo usciranno fuori, che i ricordi sono dolorosi come delle lame e che avrei un bisogno incredibile dei tuoi baci e dei tuoi abbracci, amore mio.

Ho capito che devo provare ad essere felice nelle piccolissime cose di ogni giorno, senza pensare che.. domani probabilmente non ci saranno più nemmeno quelle.

Ho capito che mi manchi in ogni momento della giornata, in ogni cellula della mia persona, in ogni cosa che faccio, in ogni mio progetto, in tutto quello che mi circonda.

Mi manchi e non so come fare, amore mio.

1 Comment
  • debby
    Posted at 21:20h, 27 Febbraio Rispondi

    ti ammiro tanto carlotta e sei umana…giulia era davvero una bimba molto fortunata ad avere una mamma come te..notte giuli un abbraccio fin lassu..

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