25 Apr Matteo, i bambini e la quarantena
Cara Giulia,
saprai di sicuro che qui siamo tutti in quarantena. Ancora per poco, dicono, ma non so se dobbiamo crederlo. In questi giorni ci hanno detto talmente tante cose (e di solito era una cosa e il suo opposto nel giro di pochi giorni) che ora… beh… metterci proprio il cuore sopra… non so se sia saggio farlo.
Comunque sia, siamo chiusi in casa da giorni. Io all’uso me la cavo abbastanza, quanto meno esco per andare a lavorare, ma tuo fratello è chiuso in casa da quando siamo tornati dalla montagna, più o meno dai primi di marzo. La cosa non è semplice, e non lo è stata per niente, soprattutto all’inizio, anche perchè in questo periodo particolare per lui avrebbe avuto più che mai bisogno di tutti i suoi amici. E invece niente. Asili chiusi, parchi chiusi, niente calcio, niente tennis. All’inizio poteva fare una piccola passeggiata la mattina con noi, poi hanno abolito proprio tutto.
“E quindi mamma?” “E quindi è rimasto a casa”. “E come è andata?” “Vuoi sapere come è stato?” “Sì”. “Davvero bravissimo, e devo confessarti che non me lo sarei mai aspettato”.
Fai conto che è come se giorno dopo giorno gli avessimo ristretto i confini del suo spazio… prima era quasi infinito, tutti i giorni fuori a correre e a giocare, poi giorno dopo giorno abbiamo dovuto dirgli, nell’ordine “Asilo basta” “Perchè?” “Perchè c’è il Coronavirus”, poi “Calcio basta” “Perchè?” “Perchè c’è il Coronavirus”, poi “Tennis basta” “Perchè?” “Perchè c’è il Coronavirus”, poi “Passeggiate basta” “Perchè?” “Perchè c’è il Coronavirus”, poi “Devi stare a casa” “Perchè?” “Perchè c’è il Coronavirus”…
“E lui mamma?” Lui ha ubbidito, si è adattato alla nuova dimensione che giorno dopo giorno gli andavamo costruendo intorno, e abbiamo fato diventare casa a seconda dei momenti un campo da calcio, un campo da ping pong, un cinema, un teatro, una stanza per la pittura, una sala da ballo, una discoteca, una cucina da incubo… Abbiamo fatto un po’ di tutto, disegnato, studiato, colorato, ballato, cantato, giocato, cucinato, guardato film, ci siamo abbracciati e abbiamo bisticciato… E’ stato bello, stimolante ma anche molto molto difficile. Ci sono stati momenti in cui avrei urlato fortissimo, perchè tutte le giornate sono trascorse uguali identiche l’una all’altra, abbiamo perso la cognizione della settimana lavorativa e del weekend, la domenica uguale identica a tutti gli altri giorni, tutto ridotto alle pareti di casa e alla nostra fantasia. Non che non ne abbiamo, per carità, ne abbiamo da vendere…
Ma a chi sento dire che questa è stata una grande opportunità per i nostri bambini, che ne trarranno sicuramente qualcosa di buono, che ci lamentiamo per niente, vorrei dire che forse non hanno capito che cosa voglia dire quello che i piccoli hanno dovuto sopportare, così, da un giorno all’altro.
In questo periodo (almono all’inizio, poi per fortuna hanno smesso..) hanno fatto un sacco di flashmob inutili… ma forse, in questo caso farei un’ecceione.
Io vorrei davvero fare un applauso per i bambini, e vorrei che lo facessero tutti. Perchè noi abbiamo spiegazioni, cerchiamo informazioni, comprendiamo tutto quello che ci viene detto e con la ragione lo accettiamo.
Loro no.
Loro si sono FIDATI DI NOI, come noi non saremmo mai stati in grado di fare. Da un giorno all’altro hanno mollato tutto, amici, sport, hobby, scuola, e sono rimasti a casa pazientemente aspettando che noi gli dicessimo quando potranno uscire di nuovo.
Loro che vivevano a scuola la maggior parte della loro giornata hanno accettato di non vedere più compagni e maestre. Hanno sostutuito le lezioni con la didattica a distanza, con tutte le difficoltà che questo si è portato dietro, cercando una connessione che spesso non c’era, guardando le spiegazioni sullo schermo di un telefonino perchè in tante famiglie ancora non c’è un computer. Ma a questi bimbi qualcuno ci ha pensato? Chiaramente no. Una mattina, in coda alla posta, ho sentito un’insegnante di scuola media spiegare che per non far restare indietro un suo alunno del Bangladesh che ha i genitori che lavorano in un negozio di frutta e verdura e che può connettersi solo dal loro cellulare lei ogni sera faceva lezione soltanto a lui dalle 20 alle 22. Quante persone come lei ci saranno? Temo poche, a fronte di tante situazioni di disagio. E come faranno un domani quando la “classe” sarà andata avanti e loro saranno ancora ai blocchi di partenza?
Molti che già prima avevano poco adesso hanno ancora meno, con i genitori che magari hanno perso i lavori precari. Gli assegni familiari non arrivano, i soldi della cassa integrazione nemmeno. Ma la pancia la dobbiamo riempire tutti, per sopravivere, e le file di persone in coda alla Caritas sono aumentate a dismisura.
Molti sono stati costretti a restare a casa con famiglie orribili, senza avere nemmeno più la scuola come liberazione. Hanno assistito alle peggio cose, confinati come siamo in appartamenti spesso molto limitati, senza un balcone o un giardino, case diventate set di veri film dell’orrore.
Tutti hanno assistito ai nostri sbalzi d’umore, alle nostre ansie, alle nostre paure nascoste a volte dietro un sorriso e a volte nascoste per niente.
Non ci hanno mai richiesto nulla che esulasse dalla normalità, e hanno mantenuto il loro sorriso pieno di spontaneità e di fiducia in noi.
Meriterebbero ore di applausi, questi nostri bambini. O forse no.
Gli applausi a che cosa servono?
Cerchiamo piuttosto di imparare da loro l’amore, la fiducia, la semplicità, per provare a vivere anche noi tutti più sereni.
deborah
Posted at 17:44h, 25 Aprilesei una grande donna e non dico altro grazie carlotta..